Progetto finanziato dall'Unione Europea
13 Dicembre 2023

La gravel come non l’avete mai vista

Dai tacchi, trucchi e vestiti al fango, alle lacrime e all’adrenalina: è questa la storia di Chiara Redaschi, fotografa di emozioni vissute in sella.

La gravel? Una questione di scatti, a tutto tondo. Chiedere, per conferma, a Chiara Redaschi. Classe ’90, la giovane fotografa cresce a Novara, in Piemonte, in una famiglia creativa, circondata dai quadri della madre e dalle fotografie scattate dal padre. A soli 5 anni scopre la passione per la fotografia, ma decide di accantonarla e di dedicarsi esclusivamente all’arte, riprendendo in mano la fotocamera solo all’università. Conclusi gli studi in Accademia di belle arti, entra nel mondo della moda milanese scattando tra eventi e sfilate. Nel 2014 la fotografia diventa centrale nella vita di Chiara che, piano piano, viene assorbita dall’adrenalinico mondo del ciclismo, scoprendo un contesto completamente diverso da quello a cui era abituata. 

Fotografa di emozioni

“Ritrarre aspetti tecnici non mi è mai interessato – racconta Chiara –. Il mio obiettivo è trasmettere emozioni: cerco sempre di cogliere quell’attimo di unicità in ogni situazione in cui mi trovo a fotografare”. Così, con la sua fotocamera, Redaschi si è fatta strada nel mondo del ciclismo, ottenendo risultati straordinari per la sua giovane età e avviando collaborazioni con nomi importanti quali Pirelli, Canyon, Cinelli, Fulcrum. 

Partendo dalle scene underground del mondo fixed gear per arrivare al ciclismo professionistico, Chiara cerca di fare di ogni suo scatto un’opera d’arte. “È come quando vai al museo a guardare Van Gogh o Picasso: i loro dipinti ti smuovono qualcosa, no? Allo stesso modo, le fotografie, dal mio punto di vista, dovrebbero suscitare delle emozioni. Dovrebbero far scattare la scintilla della curiosità: spingere lo spettatore a cercare di capire perché, nel mio caso e nei miei lavori, il ciclista raffigurato piange, perché ride o, più semplicemente, scoprire che storia c’è dietro a una semplice immagine”.

Gara in Africa, in Ruanda, Manuel Truccolo di enough cycling durante la foratura.

Ogni foto ha le sue spine

Come ogni lavoro, anche quello di Redaschi ha pregi e difetti. La fotografa sottolinea come stare “dietro alle quinte”, negli eventi gravel e in quelli del ciclismo in generale, è più complesso di quel che si possa pensare. È un lavoro molto solitario, in cui, ci si trova, nella maggior parte dei casi, a dover gestire tutto con le proprie mani: dallo studio della traccia alle riflessioni sugli spostamenti, dall’analisi dei checkpoint alla gestione degli imprevisti. “Mi sono trovata in situazioni scomode – confida Chiara –: ho viaggiato da sola di notte in posti sconosciuti e lontani da casa, ho dormito in un van per giorni senza la possibilità di lavarmi e ho dormito poche ore per diverse notti per riuscire a scattare all’alba o per raggiungere il prossimo checkpoint”. Ovviamente, per Chiara, è anche questo il bello: l’imprevedibilità e l’adrenalina, ed è per questo che il suo mantra è “Buttati!”. Parola che riecheggia nella sua mente anche nel momento stesso in cui scatta: “In questo tipo di eventi non hai tempo per studiare l’inquadratura, l’esposizione o l’ampiezza del diaframma. In quelle frazioni di secondo devi essere rapido nel riuscire a catturare quello che vuoi – conclude – ed è proprio in quei momenti che senti l’adrenalina e capisci che devi buttarti”. 

Ogni foto ha le sue spine

Come ogni lavoro, anche quello di Redaschi ha pregi e difetti. La fotografa sottolinea come stare “dietro alle quinte”, negli eventi gravel e in quelli del ciclismo in generale, è più complesso di quel che si possa pensare. È un lavoro molto solitario, in cui, ci si trova, nella maggior parte dei casi, a dover gestire tutto con le proprie mani: dallo studio della traccia alle riflessioni sugli spostamenti, dall’analisi dei checkpoint alla gestione degli imprevisti.

“Mi sono trovata in situazioni scomode – confida Chiara –: ho viaggiato da sola di notte in posti sconosciuti e lontani da casa, ho dormito in un van per giorni senza la possibilità di lavarmi e ho dormito poche ore per diverse notti per riuscire a scattare all’alba o per raggiungere il prossimo checkpoint”. Ovviamente, per Chiara, è anche questo il bello: l’imprevedibilità e l’adrenalina, ed è per questo che il suo mantra è “Buttati!”. Parola che riecheggia nella sua mente anche nel momento stesso in cui scatta: “In questo tipo di eventi non hai tempo per studiare l’inquadratura, l’esposizione o l’ampiezza del diaframma. In quelle frazioni di secondo devi essere rapido nel riuscire a catturare quello che vuoi – conclude – ed è proprio in quei momenti che senti l’adrenalina e capisci che devi buttarti”. 

Adattabilità, flessibilità, istinto e pazienza, sono, dunque, i punti chiave del dietro le quinte del lavoro di Chiara. Grazie alla sua esperienza, la giovane fotografa è riuscita a collezionare diversi scatti unici e singolari. Un assaggio sul sito https://chiararedaschi.com/.

Sofia Ballico

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