“La bici aiuta a vivere meglio. Perché la bici è silenziosa, umana, pulita, ottimista, allegra.” Queste le parole di Margherita Hack a sostegno di una visione della bici che, negli anni, è andata via via aprendosi sempre più. Sappiamo bene che il mondo del ciclismo nasce in un’ottica prettamente maschile, che nel tempo ha coinvolto anche le donne, ma che comporta un certo stile di vita spesso non condivisibile con la famiglia. Ma perché dover scegliere tra qualcosa che ci fa stare bene fisicamente e qualcosa che ci rende umanamente completi, come può essere, ad esempio, avere dei bambini? Noi di Gravel Magazine abbiamo avuto l’onore di conoscere dei cicloviaggiatori molto speciali: a raccontarci la loro storia è stata mamma Serena, del progetto Myfamilybike.
Ci presenti brevemente chi siete e come è nata la passione per i viaggi in bici?
«Myfamilybike nasce, di fatto, dall’amore per il mio compagno Valerio, padre delle mie bimbe nonché titolare di Ciclocentrico Bike Store, negozio a Rivoli (To) specializzato sulle bici da viaggio e gravel. Se Valerio ha iniziato a pedalare con il nonno, già in età adolescenziale, non separandosene più, io me ne sono appassionata piano piano, grazie al cicloturismo. Insieme, viaggiamo in bici ormai da vent’anni. Tutto è iniziato nel 2003, quando abbiamo organizzato la nostra prima avventura in sella: PASSAU-BUDAPEST.
Le altre componenti? Nicole e Cloe, le nostre figlie, cicloviaggiatrici sin dai primi mesi di vita. Non abbiamo potuto non condividere la nostra passione con loro».
C’è stato un avvenimento particolare che vi ha fatto prendere la decisione di provare a mettervi in viaggio con tutta la famiglia?
«Quando è nata Nicole io e Valerio non abbiamo avuto alcun dubbio: avevamo alle spalle dieci anni di viaggi esclusivamente in sella alle nostre bici. Avevamo attraversato il Tibet, il Nepal, il Laos, la Thailandia, l’Indonesia, il Deserto del Gobi… come potevamo smettere di fare la cosa che univa le nostre due passioni più grandi: la bici e i viaggi?
Quindi, con la sua nascita, la scelta è stata per noi scontata: dovevamo provare a viaggiare in bicicletta anche con una bambina, ovviamente sapendo che le modalità, le mete e l’organizzazione sarebbero dovute cambiare. La buona riuscita è dipesa proprio da questo: la voglia di viaggiare tutti insieme ci ha fatto “rinunciare” alle mete esotiche, ai chilometraggi infiniti e ai dislivelli, ma ci ha permesso di condividere esperienze meravigliose e di creare ricordi indelebili per la nostra famiglia».
Quali sono stati gli aspetti positivi e quali quelli negativi?
«Il principale aspetto positivo è che quando viaggiamo insieme ci sentiamo completi: abbiamo con noi tutta la famiglia, la bicicletta e una meta da raggiungere. Cosa potremmo volere di più? Positivo è anche passare tanto tempo all’aperto, esplorando a ritmo lento l’ambiente che ci circonda. Questo ha permesso alle bimbe di crescere sicure e con poche paure. Adorano stare all’aperto e giocare nella natura o nei parchi giochi più differenti. Inoltre, la bicicletta ci consente di rallentare i ritmi della routine quotidiana, insegnandoci ad andare piano, a conquistarsi ogni meta e a godere di ogni paesaggio circostante. Mi ricordo di Nicole, in transfer verso l’aeroporto di Guadalupe, dopo il nostro viaggio in bici in quella splendida isola, che guardando fuori dal finestrino ci ha detto: “Ho capito perchè viaggiamo in bicicletta, in macchina non si vede nulla, ci si perde un sacco di cose”.
Al contrario, non mi vengono in mente aspetti negativi: le nostre bimbe crescendo hanno dimostrato uno spirito di adattamento pazzesco, forse perché sentono quanto noi siamo tranquilli e a nostro agio durante un cicloviaggio. Siamo partiti dai viaggi più semplici su ciclabili in Germania, Austria, Parigi-Londra fino ad arrivare a fare viaggi totalmente quasi off-road come l’Andalusia nel 2019, a fare viaggi con km impegnativi come Helsinki-Rovaniemi, o con dislivelli importanti come nell’ultimo viaggio in Portogallo».
In una società piena di pregiudizi, in cui sembra che la vita sia un programma già stabilito per tutti, come avete gestito le chiacchiere e idee delle altre persone? Immaginiamo sia servita molta forza e collaborazione fra di voi.
«Ovviamente i giudizi ci sono stati. Molti ci accusavano principalmente di egoismo, nella scelta di “obbligare” le nostre figlie a un viaggio in bicicletta, cosa che sicuramente a loro non interessava. Per molti viaggiare in bicicletta non è un divertimento, non è la classica vacanza a cui, soprattutto le famiglie italiane, sono abituate. Abbiamo dovuto giustificare più volte la nostra scelta, cercando di far capire che il viaggio era su misura per la nostra famiglia, non c’erano ore interminabili in un carretto con bambine urlanti, ma che ognuno rispettava necessità e tempistiche degli altri. Non credo che un viaggio infinito in macchina, in coda, per raggiungere una meta estiva scelta dai genitori, sia una scelta meno egoistica della nostra. Abbiamo provato a includere le persone che amiamo di più al mondo nella nostra passione più grande, facendola diventare un ulteriore motivo di unione della nostra famiglia. In più a noi è andata bene: sia Nicole che Cloe amano viaggiare in bici, ovviamente ogni tanto scatta il capriccio, come in tutti i bambini del mondo, ma sono loro a chiederci, per ora, di continuare a viaggiare in questa modalità».
Concretamente, come si può gestire un viaggio con tutta la famiglia?
«Quello che spaventa di più di un viaggio in bicicletta con la famiglia è sicuramente la logistica. Io consiglio sempre, a chi mi chiede, di fare il primo viaggio partendo da casa, prediligendo una meta non troppo lontana. Iniziare con il primo viaggio dovendo smontare le bici per spedirle su un aereo scoraggerebbe chiunque.
La prima cosa che facciamo è, dunque, decidere la meta: quando i bimbi sono piccoli piccoli (parlo fino ai 18 mesi più o meno) questa viene scelta dai genitori in base ad allenamento, km che si vogliono percorrere (tenendo conto delle pause ripetute durante la giornata) e il meteo. Perché il meteo? Perché non possiamo pensare di pedalare per 100 Km in Spagna ad agosto con un bimbo nel carretto. Patirebbe il troppo tempo rinchiuso dietro, ma soprattutto le temperature. Quindi noi d’estate abbiamo scelto sempre dei percorsi in Germania, Austria, Friuli Venezia Giulia, Parigi-Londra, luoghi dove piuttosto potevamo avere pioggia, ma non troppo caldo. Conoscendo già le modalità da viaggi in bici di coppia, non abbiamo mai avuto “paura” della logistica, quindi ci siamo avventurati subito in luoghi lontani con le bimbe, stivando bici e carretti dentro scatole di cartone.
La seconda cosa è pianificare le tappe. Ormai ci sono tantissime app che, impostando le proprie necessità, creano un percorso ad hoc per il tuo viaggio. Noi usiamo Komoot ed è veramente semplice. Fondamentale è, poi, decidere se il viaggio lo si vuole affrontare super wild, con tenda al seguito, o preferiamo avere strutture a cui appoggiarci per la sera e notte. Noi lo scegliamo in base al periodo, alla meta, ai costi e alla stanchezza.
Tutto qui… ovvio fino a che non arriva l’ora di fare i “bagagli” e allora le prime volte può essere un incubo. Bisogna riuscire a far stare in uno spazio minimo abbigliamento, giochini, pannolini, scarpe. Se si è abituati a vacanze classiche dove i bagagli è la macchina a portarli, ridurre sembra impossibile. Qui le opzioni sono due: o si chiede consiglio a qualcuno che ha già esperienza, oppure, autonomamente, si va a riconoscere tutto il superfluo, riducendo all’essenziale il bagaglio».
Ci racconti qualche episodio divertente che vi é capitato?
«Sicuramente un episodio memorabile è stato nel nostro viaggio del 2021: Road to Santa Claus. Siamo partiti da Helsinki per arrivare a Rovaniemi e abbracciare Babbo Natale. È accaduto dopo il periodo di restrizione dovuto al Covid, tanto che fino a pochi giorni prima non sapevamo se la Finlandia avrebbe aperto le sue frontiere. Siamo riusciti a partire in modalità “doppio carretto”: Nicole, che all’epoca aveva sette anni, usava il carretto a pedali che viene trainato dall’adulto, mentre Cloe era a bordo del nostro mitico Croozer doppio. Nella terza tappa abbiamo pedalato lungo dei caratteristici “drittoni” finlandesi, strade meravigliose, poco trafficate. Ad un certo punto il cielo si è fatto sempre più grigio e Nicole, che aveva il carretto aperto, ha iniziato a dire: “Secondo me tra un po’ piove” e noi cercavamo di tranquillizzarla, forti del fatto che le previsioni non avessero messo temporale. Di lì a pochi minuti il cielo ha rilasciato una pioggia fortissima, quindi abbiamo vestito Nicole con l’assetto impermeabile e provato a proseguire. Era come pedalare sotto una doccia aperta e non c’era alcun riparo all’orizzonte. Cloe, al contrario, sembrava essere tranquilla al riparo nel suo carretto. Dopo circa mezz’ora aveva smesso di piovere e decidemmo di fermarci per controllare la situazione. Ho aperto finalmente il carretto, che era completamente allagato e Cloe mi ha accolto con la frase: “Mamma ho fatto un bagno”. Ridendo ci siamo accorti solo in quel momento che il carretto non era riuscito a contenere il diluvio, e lei era completamente bagnata».
Quali emozioni provate durante i viaggi in bici? Avete consigli da dare alle giovani famiglie?
«Forse mi ripeto, ma da quando viaggiamo tutti e quattro insieme io e Valerio proviamo una sensazione di completezza. È come chiudere un cerchio: quando pedaliamo insieme abbiamo i nostri affetti, le nostre bici e siamo in viaggio, cosa potremmo desiderare di più?
Sentiamo una forte gratitudine verso Nicole e Cloe che hanno accolto questa modalità di viaggio come fosse un divertente gioco. Credo che ad ogni pedalata ci rendiamo conto di quanto siamo fortunati e privilegiati.
Alle giovani famiglie consigliamo di iniziare con delle pedalate brevi, osservando i piccoli e ascoltando le loro esigenze. Un aspetto che abbiamo notato è che essere positivi produce, di conseguenza, positività e anche i nostri figli impareranno a reagire in un determinato modo, gustandosi il vero sapore dell’avventura».