13 Marzo 2023

Dal Cile all’Italia per il sogno mondiale

Il 27enne Franco Alvarez punta a partecipare alla prossima corsa iridata. E per farlo ha creato un suo team

Nel corso della sua carriera se lo è sentito ripetere spesso: “È arrivato il momento di andare a correre dove veramente lo sanno fare”. La prima volta glielo hanno detto quando aveva solo 15 anni. In Cile, suo paese natale, Franco Nicolas Adaos Alvarez aveva già vinto alcune gare giovanili, specialità MTB. “Ma se vuoi fare il salto – gli spiegano – è in Argentina che devi andare”. E così il giovane Alvarez fa le valigie, lascia la famiglia e si trasferisce oltre confine, a casa del suo nuovo preparatore. In effetti il livello atletico si alza, influendo positivamente nei risultati. Tra il 2012 e il 2013, nel cross country, Franco colleziona, tra gli juniores, un secondo e un terzo posto nei campionati nazionali cileni e un quarto posto nei campionati continentali americani. Terzo posto, tra gli elite, nella Copa Latinoamericana, specialità cross country eliminator. Il ragazzo, insomma, comincia a farsi notare, alternando la MTB a gare su strada (è dotato di un buono spunto veloce) e in pista.

Ed ecco che l’allenatore pronuncia nuovamente la fatidica frase: “È arrivato il momento di andare dove ci sono i corridori veri”. Dove? In Europa, precisamente in Italia, nello specifico in provincia di Brescia, a casa dell’argentino Catriel Soto, impegnato in quel 2012 a preparare la prova di MTB alle Olimpiadi di Londra.

È in Italia che per Franco inizia la storia di un sogno, ossia correre il prossimo mondiale gravel. Oggi, che ha 27 anni, spera di coronarlo. Ce lo racconta nel suo negozio di bici a Torrebelvicino, un paese di 5.800 anime, in provincia di Vicenza, adagiato ai piedi del Monte Pasubio.

In realtà due mondiali, anche se nella MTB, li hai già corsi…

Sì, ho rappresentato il Cile nei mondiali marathon di Auronzo di Cadore, nel 2018, e nei mondiali di cross country olimpico in Val di Sole, nel 2021. L’arrivo in Italia mi ha permesso di migliorare in tantissimi aspetti dell’allenamento, della tecnica e della tattica di gara. Ho partecipato a numerose prove di coppa del mondo e ad altre gare internazionali. Qui in Italia ho scoperto anche il ciclocross e, da ultimo, la gravel, di cui mi sono stra-appassionato.

Come sei finito a Torrebelvicino?

Dopo le prime esperienze in club lombardi avevo avuto un’offerta dal Piemonte, ma mio padre si è ammalato e sono dovuto ritornare in Cile e interrompere l’attività agonistica. Ho iniziato a lavorare come meccanico, fino a quando mi è giunta la proposta di tornare a correre in Italia, nella veneta Corratec Keit. Dopo varie vicissitudini, sono passato alla Torre Bike di Torrebelvicino. Nel vicentino ho conosciuto la mia compagna e quindi ho deciso di accasarmi qui.

Quando ti è venuta l’idea di correre il mondiale gravel?
Nel 2022, in occasione della prima edizione. Avevo perso gli stimoli rispetto all’attività agonistica. Lavoravo come cameriere in un ristorante situato non molto distante dal percorso di gara. Il rumore dell’elicottero, il passaggio delle ammiraglie, l’aria di attesa per l’arrivo dei corridori mi hanno fatto rinascere la passione per questo meraviglioso sport. Mi sono detto: devo tornare a correre con un obiettivo, gareggiare nel prossimo mondiale gravel.

E come sta andando il percorso di avvicinamento
Innanzitutto, grazie ad una rete di sostenitori, ho deciso di creare un mio team. Si chiama Più Bike e mi permetterà di tornare a correre. Primo appuntamento il 2 aprile, alla Berica Gravel. Poi vedrò, a seconda dei risultati dei test, come alternare gravel e MTB. Punto ad ottenere il via libera dalla federazione cilena per presentarmi l’8 ottobre alla partenza della prova elite.

La passione per la gravel è diventata anche un lavoro…
Sì, ho creato una linea di bici con il mio marchio, Alvarez appunto. Le vendo qui a Torrebelvicino e online. Il primo modello si chiama Aconcagua.

Perché?
È la più alta montagna delle Americhe. Si trova in Argentina, ma a ridosso del confine con il Cile. È dalla zona dell’Aconcagua che Bernardo O’Higgins, padre della nostra patria, fece l’ingresso in Cile per sconfiggere, nel 1814, gli spagnoli. Associo quindi quella montagna alla libertà, una sensazione che solo una bici da gravel ti sa dare.

Vale a dire?
È una bici estremamente duttile, che ti offre grandi emozioni sia sull’asfalto sia fuoristrada. E poi basta agganciare le borse al portapacchi per iniziare avventure più lunghe. Nella zona in cui abito ci sono percorsi per tutti i gusti e per tutti i livelli di preparazione. Con la gravel, volendo, si può raggiungere anche il rifugio “Achille Papa” sul Pasubio, a duemila metri di quota. È insomma il terreno ideale per preparare un mondiale…

Guido Gasparin

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