Mi hanno buttata tra i ciclisti e ne sono uscita gravellista. O meglio, ne uscirò. Forse.
Se c’è un contesto all’interno del quale fino a qualche mese fa non mi sarei mai sentita a mio agio è proprio quello delle due ruote. E invece eccomi qui, prima a scrivere e intervistare chi di questo sport è un appassionato, e ora a mettermi alla prova in prima persona. Bene, chiunque creda impossibile intraprendere daccapo una disciplina sportiva a 25 anni suonati (fidatevi, io personalmente li sento tutti) non ha considerato che con una buona dose di testardaggine anche una neofita può ottenere le proprie soddisfazioni in sella ad una gravel. In barba a tutti i fanatici. Questo è l’obiettivo che io, Alice, mi sono data: un po’ per vivere sulla pelle nuove sensazioni, un po’ perché l’idea di avere una meta da raggiungere stuzzica sempre il mio lato ambizioso. E poi diciamocelo, quanto è bello far ricredere chi ci pensa pigre e scettiche?
Questa volta, quindi, tocca a me salire in sella, e non per andare a fare la spesa, come sono solita fare nelle stagioni più calde, ma per tastare con mano, gambe e piedi ognuna delle tappe che portano una “ciclista” amatoriale a partecipare e, speriamo, a sopravvivere ad un evento gravel. Sarà un vero e proprio viaggio a tappe, nel quale ho deciso di portarvi con me, per condividere gioie e dolori di questa idea un po’ folle.
Da dove partire? A chi chiedere la spinta iniziale?
Devo fare una premessa: ad oggi non mi posso reputare una sportiva, sebbene vada in palestra e abbia dei periodi di jogging-mania che permettono di ritenermi moderatamente allenata. Eppure nella mia esperienza ho testato quanta adrenalina generi buttarsi in una nuova disciplina, in quel caso il surf, senza avere per forza delle predisposizioni sin dall’infanzia. È accaduto non perché io sia chissà che prodigio, ma perché a seguirmi costantemente c’erano dei professionisti. In quello sport, come nel ciclismo, a maggior ragione se si sta parlando di off-road, fondamentale è la scelta del mezzo giusto, a seconda delle proprie misure e necessità. Iniziano, così, i primi dubbi: come mi devo muovere? A chi chiedo? Mi precipito in negozio?
Ecco, contrariamente a quello che si sarebbe portati a pensare, spinti anche dalla voglia e dalla curiosità, il primo step per un neofita (anche se questa regola vale per tutte le “specie” di ciclisti), non è quello di fiondarsi in negozio a scegliere la bici dei desideri. No, il primo passo, secondo il consiglio di esperti, è quello di fare una visita biomeccanica. Fortunatamente a Sandrigo (VI), quindi vicino a casa, c’è il laboratorio di Luca Bramati, figura rilevante nel mondo del mtb e ciclocross e tuttora unico italiano ad aver vinto la Coppa del Mondo di tale categoria. Chi meglio di lui può guidare i miei primi passi, penso. Bramati è, infatti, ora uno dei biomeccanici e preparatori più apprezzati sia dai professionisti che dai semplici amatori. Ed è proprio dal suo studio che parte la mia avventura.
Visita biomeccanica del ciclismo: cos’è e perché è importante
Ci siamo incontrati in una giornata piovosa, che tutto mi fa volere fuorché salire in sella ad una bicicletta. Così, un po’ sconfortata, la prima cosa che gli chiedo è di spiegarmi cosa andremo a fare (e perché sia così essenziale farlo). Conosciuta fra i professionisti come “bike fit” o “bikefitting”, la visita biomeccanica del ciclismo è il processo di valutazioni antropometriche utili all’ottimizzazione della posizione del ciclista in sella. Si tratta di un consulto routinario per gli agonisti, che diventa doppiamente fondamentale per tutti coloro che decidono di acquistare la propria prima bici, sia essa da strada, mtb o, come nel mio caso, una gravel. Questo perché pedalare, come tutti gli sport, quando praticato male può portare all’insorgenza di infortuni, dolori e addirittura patologie. Fitte alle ginocchia, alla zona lombare, al collo, così come problemi di intorpidimento di mani e piedi, sono, infatti, spesso correlati ad una posizione scorretta in sella. Il ruolo dell’analisi biomeccanica sta proprio nella prevenzione di tali infortuni, attraverso uno studio accurato delle caratteristiche fisiche del ciclista e della postura. I dati ottenuti da questo esame saranno utili al momento della scelta della nostra compagna di viaggio.
Misurazioni e test specialistici per un’esperienza in sella ottimale
Prevenire è meglio che curare, anche quando si tratta di andare in bicicletta. Bramati mi racconta che questo concetto è, purtroppo, ancora da molti ignorato, al momento di acquistare la propria due ruote. Spesso, per il poco tempo a disposizione, o per semplice abitudine, il neofita si presenta in negozio o dal rivenditore chiedendo un modello di bicicletta che ha visto dall’amico/a o dal collega, o spinto da una buona recensione letta online, e in genere esce dal punto vendita esattamente con quel prodotto, magari senza averlo neppure provato. Ciò che invece sarebbe più opportuno fare è un passaggio antecedente, che di base si compone in più fasi:
- Il primissimo step è realizzato in piedi. Luca, dopo un’accurata analisi della postura, prende le misure delle mie spalle, la lunghezza del braccio, di tibia e perone, nonché del piede. Si segna, poi, su tabelle tecniche la mia altezza complessiva e quella del cavallo (distanza da inguine a terra), fondamentale per il posizionamento della sella.
- Inseriti tali dati al pc, questi diventano le indicazioni essenziali per regolare le varie parti della bicicletta: la lunghezza da spalla a spalla servirà per capire la larghezza del manubrio, quella del piede per l’assestamento delle tacchette sulla scarpetta. La lunghezza del busto, infine, per tarare la distanza tra il canotto della sella e il mozzo centrale del manubrio.
Attenzione alla posizione dei piedi sui pedali
Raggiungere la corretta posizione dei piedi sui pedali è uno dei momenti più importanti e delicati per un ciclista. Questa permette di trasferire tutta la potenza generata dalle gambe e dal corpo in maniera ottimale, senza alcuna dispersione. La regolazione delle tacchette e il loro corretto aggancio al pedale devono tener conto in primis di aspetti morfologici del piede stesso: la spinta, mi spiega Luca mentre mi sistema le suole delle scarpette, avviene con la parte di piede compresa tra la prima e la quinta testa metatarsale. Perché questo aspetto assume un ruolo così rilevante? Poiché la posizione dei piedi sui pedali ha una diretta correlazione con la posizione e il movimento del ginocchio. Una collocazione troppo avanzata del piede potrebbe portare a percepire dolori dell’arco plantare, nonché ad uno scorretto lavoro della muscolatura della gamba. Se il piede, al contrario, è troppo arretrato, potrebbe provocare sovraccarico al ginocchio, oltre che al tendine d’Achille.
Due laser per esaminare pedalata e spinta
Per meglio analizzare l’insieme di azioni appena descritte, Bramati, dopo avermi insegnato ad agganciare e sganciare le scarpette ai pedali, mi fa salire in sella di una “bici” apposita, bloccata ai rulli, per permettere la simulazione della pedalata. Una volta montata e presa confidenza con sella e manubrio, aziona due laser posizionati uno alla destra del simulatore e uno a sinistra, entrambi puntati su specifici punti del mio corpo. Nel dettaglio: il primo permette di rilevare l’arretramento della sella, mentre il secondo l’altezza di quest’ultima. Il lavoro sinergico dei due laser, invece, consente di monitorare gli angoli di spinta, disegnando, attraverso uno specifico software, il movimento circolare delle mie ginocchia, che deve essere armonico. Dopo 10-20 minuti di pedalata costantemente monitorata, prima in piano e poi in salita, Luca mi dà il permesso di liberare finalmente i piedi. Partiamo male se sono già stanca così… credo mi ci vorrà parecchio allenamento, ma ci penserò una volta scelta la bici.
Esame biomeccanico: un check-up costante e continuo
In conclusione, la visita biomeccanica del ciclismo può sembrare una cosa noiosa, dispendiosa o troppo tecnica, invece è un passo fondamentale volto non solo alla scelta della bici più adatta, ma anche alla prevenzione di problematiche derivanti da una scorretta postura del ciclista, sia esso professionista, amatore o cicloturista. È, perciò, essenziale che questa attenta analisi venga condotta prima dell’acquisto della bici presso uno specialista. Si tratta di un processo che richiede cura e tempo e che, tuttavia, non si conclude con la prima visita. Bramati mi esorta infatti a tornare una volta presa la bici; è infatti indispensabile un regolare e costante check-up in quanto il corpo dell’atleta è in costante evoluzione e possono essere necessarie modifiche e rivalutazioni postume, in primo luogo a bici acquistata, per l’aggiustamento e l’applicazione di misurazioni rilevate durante la prima visita.
E ora? Qual è la prossima mossa? Ora, tabelle tecniche di Luca Bramati alla mano, possiamo andare nel negozio di bici gravel che preferiamo e richiedere la bici più adatta a noi. Ma questo ve lo racconto in un secondo capitolo.
Per maggiori informazioni visita il sito ufficiale di Luca Bramati.
Alice Tonello