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19 Luglio 2023

Galeotto fu un… infortunio

Viaggiare da soli e in compagnia, organizzando il viaggio ma lasciando il giusto spazio all’improvvisazione: le esperienze in sella dell’ex professore vicentino Mariano Storti

Un infortunio è un evento spiacevole, una sventura, una disgrazia. A volte, però, non tutti i mali vengono per nuocere. Ed è proprio questo il caso di Mariano Storti, che proprio grazie a un infortunio si è avvicinato al ciclismo, scoprendo una passione che tutt’oggi lo porta a esplorare il mondo in sella. L’ex professore, appassionato esploratore e amante del gravel, ha trascorso gran parte della sua vita con la testa fra i libri, prima come studente e poi come insegnante. Tra i banchi di scuola, ha sempre sentito l’esigenza di trovare una via di sfogo dalla routine quotidiana. Così, tra una lezione e l’altra, ha iniziato a esplorare nuovi orizzonti. Ha scoperto lo sci alpinismo, un incontro quasi inevitabile date le sue origini a Recoaro Terme, nelle piccole Dolomiti. Ma non si è accontentato. Ha lasciato la terraferma per addentrarsi nel mare, innamorandosi del kayak. Iniziando a viaggiare in tutto il mondo, ha conosciuto culture e luoghi nascosti, collezionando esperienze straordinarie in circa cinquanta paesi. Nel 2018, l’infortunio che lo ha portato a una nuova scoperta: la bicicletta. Da quel momento è scattata la scintilla e, ancora oggi, girare in sella è una delle sue passioni più forti.

Il primo viaggio in gravel  

“Nel 2018 ho subito un infortunio e per riprendermi mi era stato consigliato di andare in bici”, spiega Storti. Così l’ex professore si è messo in sella e, dopo un po’ di allenamento, ha deciso di intraprendere un viaggio ambizioso: il periplo dell’Islanda. Insieme alla figlia Sara, ha pedalato 1500 chilometri in 21 giorni, partendo da Keflavik e seguendo l’itinerario della “Ring Road”, esplorando l’isola in senso antiorario. È stata un’avventura complessa, in cui i venti e le temperature hanno messo a dura prova padre e figlia. Durante il percorso, sono stati costretti a fermarsi per sei giorni, accampandosi e aspettando che le raffiche di vento cessassero. Una volta passato il peggio, hanno ripreso il cammino e sono rientrati. Un’esperienza avventurosa che ha fatto però scattare la scintilla tra la bici e l’ex professore. Da quell’anno, Storti non si è più fermato.

Il giusto mix

La filosofia di viaggio di Mariano Storti è un mix tra organizzazione e improvvisazione. “I miei viaggi non sono né troppo organizzati, né totalmente lasciati al caso” confida. Uno degli esempi più significativi di questa mentalità è stata la sua seconda grande avventura nel 2019, che ha intrapreso insieme alla figlia, dalle piccole Dolomiti al Mar Nero. Fino alla partenza, il tragitto è stato in corso d’opera. L’unica certezza che avevano era dirigersi verso est. In 24 giorni, hanno pedalato per 2400 km, attraversando Austria, Slovenia, Croazia, Serbia, Romania e Bulgaria. In altri suoi viaggi la destinazione è chiara, ma Mariano Storti si concede il lusso di poter cambiare idea lungo il percorso.

Nonostante le molte avventure già intraprese, Storti non si ferma: “Il prossimo viaggio? Mi piacerebbe partire da Torino e raggiungere Santiago di Compostela”. Ancora indeciso se intraprenderlo in solitaria o in compagnia, l’ex professore condivide il suo amore per i viaggi solitari. “È un’esperienza unica: hai la libertà di gestire i tuoi tempi, puoi campeggiare ovunque e il viaggio diventa molto più flessibile. Le persone che incontri lungo il percorso sono più inclini all’ospitalità quando ti vedono viaggiare da solo, e questo ti permette di conoscere meglio la loro cultura e le loro storie” conclude Storti.

Sofia Ballico

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