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19 Gennaio 2024

Gravel origins: storia di una bici

Una ricostruzione degli eventi che hanno portato alla nascita della gravel come la conosciamo oggi.

L’innovazione non è nulla più che una risposta ad una necessità e questo lo possiamo vedere anche nella nascita della gravel. Non è semplice definire con certezza chi e come ha creato questa nuova specialità. Tuttavia, nascendo dalla necessità e dalla voglia dei ciclisti di pedalare su strade non asfaltate, la storia della gravel si intreccia con quella di campioni poliedrici e innovativi come John Tomac e con appassionati visionari delle due ruote come Mike Riemer. Come ha scritto il giornalista Tom Hill: “[..] era una bici che i ciclisti desideravano, ma non ne erano consapevoli”. 

Dalla “trekking bike” alla Passatore: il primo passo verso la gravel?

Il nostro viaggio inizia alla fine degli anni ’80. In quel periodo, parallelamente alla crescente popolarità delle mountain bike, fecero la loro comparsa le biciclette da trekking. Queste erano degli ibridi, derivati dalle mtb, che conservavano la trasmissione e i freni, ma montavano ruote da 28″ leggermente tassellate. Le trekking erano principalmente destinate al cicloturismo e alla guida su strade non asfaltate, prefigurando in modo sorprendente le moderne gravel. Tuttavia, è evidente che le biciclette gravel sono nate da una spinta più istintiva. Nel 1989, Cinelli presentò la Passatore, un’innovativa creazione che tecnicamente rientrava nella categoria ciclocross. Ciò che la rendeva unica era l’adozione di una trasmissione con tripla moltiplica da mountain bike, un manubrio a goccia spinto verso l’esterno e un portapacchi. Era progettata per affrontare lunghi viaggi su strade non asfaltate. Questo è uno dei motivi per cui la Passatore può essere considerata una delle progenitrici della nostra gravel.

John Tomac: il primo influencer gravel

Nel 1990, un anno dopo l’introduzione della Passatore, l’eclettico atleta John Tomac stupì tutti con una scelta tecnica sorprendente. In primis, bisogna puntualizzare la carriera poliedrica di Tomac, che lo ha visto trionfare in competizioni di BMX, cross country, downhill e strada. Per massimizzare le sue prestazioni su strada, decise di mantenere la stessa postura anche quando guidava la mountain bike. Montò, quindi, un manubrio da corsa stradale sulla bicicletta che utilizzava sia nel cross country che nella downhill. Questo esperimento durò solo un breve periodo, ma ebbe un impatto significativo su molti appassionati. Per alcuni anni, diversi atleti, soprattutto in Italia, adottarono lo stesso manubrio. John Tomac incarnava l’ideale dello sportivo che, per la sua grandezza, riusciva ad influenzare le tendenze. Possiamo definirlo l’antenato di Van der Poel. Però, c’è un però. Infatti, nonostante gareggiasse su terreni accidentati, Tomac non condivideva la filosofia alla base delle biciclette gravel. Inoltre, non fu il primo a utilizzare un manubrio del genere su una mountain bike: dodici anni prima di Tomac, Charlie Cunningham aveva creato una mountain bike con drop bar, un mezzo così innovativo che sembra ancora attuale oggi. Tuttavia, tornando a Tomac, la sua popolarità tra le masse ha portato, dopo l’estate del 1990, non solo gli atleti agonisti, ma anche i ciclisti amatoriali a imitarlo montando il drop bar sulla propria mountain bike.

Da Dirty Kanza all’Unbound Gravel

Dato il nostro innato desiderio di trasformare ogni cosa in una competizione, nel 2006 è emersa la Dirty Kanza, una corsa di 320 km che percorre le strade ghiaiate delle Flint Hills vicino a Emporia, nel Kansas. Questo evento è spesso considerato il precursore delle gare gravel ed è noto per la sua estrema difficoltà dovuta alla lunghezza del percorso, alla monotonia di interminabili tratti rettilinei (anche di 15 km consecutivi) e alle temperature che possono raggiungere i 40 gradi. Oggi, la Dirty Kanza si chiama Unbound Gravel. La rinomata Unbound, che quest’anno vedrà partecipare anche Daniel Oss, offre cinque opzioni di lunghezza, da 40 a 567 km. Alla sua prima edizione, parteciparono solo 34 persone, ma nel corso degli anni la partecipazione si è stabilizzata intorno alle 2.500. Tuttavia, con l’impetuoso aumento della popolarità delle biciclette gravel negli ultimi anni, il numero di partecipanti è cresciuto fino a raggiungere quota 4.000.

Almanzo 100: la nascita di un’idea

Negli Stati Uniti, ci sembra chiaro, esistono i territori perfetti per la gravel. Nel 2007, infatti, Chris Skogen ha concepito la Almanzo 100 (circa 160 km) a Spring Valley, nel Minnesota, uno Stato ricco di strade non asfaltate. Nella prima edizione, solamente 12 appassionati si iscrissero, ma il numero crebbe leggermente in quella successiva. Tra i partecipanti di quest’ultima si trovava Mike Riemer, il Marketing Manager di Salsa. Nel 1997, dopo essere stata acquisita da Quality Bicycle Products, Salsa si trasferì proprio in Minnesota, Mike affrontò la gara con una Salsa Casseroll single-speed. Questo evento rappresenta un punto cruciale nella nascita della gravel.

La Salsa “Warbird”: ingrediente segreto della ricetta gravel

La maggioranza dei partecipanti, nelle gare degli Stati Uniti, utilizzava biciclette da ciclocross, mentre altri optavano per le mountain bike. Mike Riemer, tuttavia, si rese conto che entrambe le tipologie presentavano limiti per gare come la Dirty Kanza, leader del suo genere. Decise così di ideare un nuovo tipo di bicicletta, posizionandosi a metà tra la ciclocross e la monstercross, mirando a massimizzare le prestazioni sulle strade non asfaltate. Il risultato fu la creazione della Warbird, presentata nel 2009, che potremmo considerare la pietra miliare delle biciclette gravel. In sostanza, la Warbird è una bicicletta da ciclocross modificata, caratterizzata da un abbassamento del movimento centrale, l’allungamento del carro posteriore, il “rilassamento” dell’angolo di sterzo, l’innalzamento del tubo sterzo, una sezione più ampia degli pneumatici e un allargamento del passaggio ruote. Queste modifiche consentono di ottenere un mezzo più flessibile, confortevole, stabile e adatto alle sfide del terreno non asfaltato. Ciò che ha suscitato l’entusiasmo tra gli appassionati e gli esperti del settore è stato il fatto che il telaio fosse realizzato in alluminio. La Warbird, non essendo adatta al ciclocross per la sua mancanza di reattività e sprint, eccelle invece nelle competizioni dove mantenere alte velocità su ghiaia per lunghe ore è cruciale, ponendo il comfort al di sopra della pura prestazione. In questo contesto, il giusto compromesso tra velocità e comfort definisce in modo efficace il concetto di bicicletta gravel. 

Riccardo Magagna

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