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1 Maggio 2024

Omero: l’Odissea scritta in gravel

Una chiacchierata con Omar Martinello tra viaggi, Youtube, gravel e avventure in cui i limiti, come le paure, sono solo illusioni.
Omero Gravel credit Mattia Minelli

Credit Matteo Minelli

Prendete la parola “impossibile” e calciate via il prefisso “im-”. Ecco, è questa la filosofia che il nostro Omero, al secolo Omar Martinello, segue ogni volta che si immerge in una nuova avventura. Nato e cresciuto in provincia di Padova, appassionato di montagna e della vita semplice, Omar conta più di 80mila iscritti sul suo canale Youtube dove è un’ispirazione per giovani, e non, che amano la natura e i viaggi sia a piedi sia in bicicletta. In sella alla sua gravel Omero ha portato a termine diverse imprese tra cui: l’Atlas Mountain Race, due volte la GranGuanche Audax (quest’anno ha tagliato il traguardo in prima posizione, ndr.), la Badlands, due volte la Seven Serpents, la Bright Midnight e molte altre ancora come il raggiungere Finisterre partendo da casa sua, a Padova, in bici. Come se non bastasse, Omar è appassionato anche di parapendio e di tutti gli sport che lo facciano entrare in contatto con la natura: l’avventura è un fiume in piena che scorre nelle sue vene.

Come hai scoperto la gravel e cosa ti affascina di questo mondo?

Sono arrivato alla gravel un po’ in maniera sfortunata. Infatti, prima dell’arrivo del Covid, mentre mi trovavo all’interno di una rotatoria in sella alla mia bici da corsa, sono stato investito da una macchina. Quando mi sono ripreso, non volevo assolutamente tornare in bici sulla strada e, così, ho preso una gravel, che era appena diventata di moda. Ho iniziato a percorrere gli argini dei fiumi e le strade sterrate, non rischiando più di essere investito. Piccola parentesi: io, ancora oggi, onestamente, non vedo passi avanti sulla sicurezza stradale dei ciclisti, per non parlare della presenza di piste ciclabili. Credo che l’Italia sia indietro a livello di educazione stradale rispetto ad altri Paesi come la Spagna, dove le macchine si mettono dietro a chi pedala e non ti sorpassano finché non sono sicure al 100% di non diventare un pericolo per il ciclista.

Pedalando con la mia gravel, mi sono reso conto delle tantissime alternative sterrate che esistono e, abitando a Padova, ho avuto una grandissima fortuna, essendoci molti argini che si collegano anche ad altre province. Grazie al canale Youtube ho iniziato a organizzare le prime uscite trovando estremamente comoda la gravel perché la posso caricare di borse, cercando di essere sempre più efficiente rispetto a come viaggiavo prima.

Credit Matteo Minelli

La gravel ti ha portato ovunque e continua a farlo. Che ricordi hai del tuo viaggio da casa a Finisterre in sella alla bici?

Quello è stato per me in assoluto il primo viaggio lungo in bicicletta, un viaggio di oltre 2000 km. Per me Santiago, dopo aver fatto il Cammino, è sempre stata una meta in cui tornare. Quindi, appassionato di bici, raggiungere la meta con questo mezzo è sempre stato un mio obiettivo. In realtà, devo dire che è stato facile organizzare quel viaggio. Inizialmente dovevo andare con un mio amico, ma ci sono stati dei problemi e, quindi, ho deciso di contattare Pietro Franzese che seguivo solamente sui social. Lui, in quel periodo, era libero e mi ha raggiunto in Francia e da lì abbiamo fatto il giro insieme. Nel Cammino di Santiago ci sono molte parti ottime da fare con la gravel. L’unica difficoltà che abbiamo incontrato è che alcuni tratti sono più adatti a una mountain bike, ma si tratta di pochissime parti del percorso. In generale, è tutto gestito molto bene perché il Cammino è creato apposta per chi lo vuole intraprendere: basta partire ed essere un minimo organizzati.

Tra tutte le esperienze che hai fatto di cicloturismo in gravel, qual è stata la più memorabile?

Oltre alle ultime due che sono state l’Atlas in Marocco e la GranGuanche Audax, in cui sono arrivato primo, probabilmente quella che porterò sempre dentro di me è la Seven Serpents, che parte da Lubiana e arriva fino a Trieste. Quello è stato il mio primo evento di Ultracycling ed è proprio lui che mi ha fatto appassionare al mondo del bikepacking. Il percorso è spettacolare, molto vario, l’ho fatto anche l’anno scorso e lo farò anche quest’anno per la terza volta. Tanto per farti capire quanto questa gara mi abbia segnato.

Quanto ti prepari a un evento Ultra, quali emozioni ti avvolgono prima del viaggio? E quando torni?

Prima di partire, ho sempre un po’ di tensione e di paura, perché mi chiedo se riuscirò ad affrontare tutte le difficoltà che mi si presenteranno davanti. Il viaggiare in bici ti porta sempre ad affrontare dei problemi, piccoli o grandi che siano e, solitamente, in viaggi così lunghi sei da solo a doverli risolvere. Più la sfida è difficile, più mi domando se sono all’altezza di affrontarla. In ogni caso, io accetto sempre molto volentieri il rischio e lo affronto a testa alta. Alla fine dei conti, imparo sempre qualcosa, ho la possibilità di vedere posti nuovi e l’esperienza supera sempre le aspettative che mi creo prima di partire.

Quando torno, c’è la soddisfazione immensa di aver percorso in sella alla bici degli itinerari remoti e immersi nella natura, che molti non hanno la fortuna di vedere. Poter pedalare in posti anche estremi mi riempie di carica per affrontare sempre nuove avventure.

Quale luogo consiglieresti più di tutti ai tuoi follower cicloturisti?

Sicuramente la Norvegia perché, al di fuori delle strade principali, tutte le altre sono da gravel vera e propria. Il viaggio è con se stessi e la propria bicicletta, perché intorno non c’è praticamente nulla. La natura, lì, è incredibile e ti lascia senza parole. Attraversando i luoghi nordici in bici, hai la possibilità di captare dettagli naturalistici che, in macchina, faresti fatica a vedere, come cascate o laghi nascosti. Più ci si avvicina ai fiordi, più la difficoltà aumenta dato che ci sono più salite. Diverso è, invece, l’entroterra che è molto più pianeggiante.

Come incorpori l’ecosostenibilità ai tuoi viaggi in bicicletta?

In primis cerco, quando è possibile, di partire e tornare sempre da casa direttamente in bici per evitare di prendere mezzi di trasporto che mi riportano al punto di partenza. Quando, però, per motivi logistici o di distanza, sono obbligato a prendere un altro mezzo, come aereo o treno, in alcuni casi riesco comunque a fare l’andata o il ritorno in bici. Ad esempio per il The Traka sono andato da Genova a Girona in bici e, per tornare, ho chiesto un passaggio in macchina. Cerco, quindi, per quanto possibile, di ammortizzare il viaggio. L’importante è avere sempre un occhio di riguardo per capire cosa si può fare per ridurre l’impatto che abbiamo sull’ambiente. Credo che l’utilizzo della bicicletta come mezzo di trasporto, anche e soprattutto nella quotidianità, possa contribuire in maniera forte allo sviluppo sostenibile del nostro Paese.

Come vengono accolti i cicloturisti nelle comunità più sperdute e meno abituate al turismo?

In sella alla bici mi sono sempre sentito molto accolto, perché sono sempre stato visto come il “ragazzo zaino in spalla” e anche, in un certo senso, “più debole” perché mi porto sempre dietro solo il necessario. La gente del posto, vedendomi, è sempre attenta a darmi una mano ed è molto disponibile, quasi come se dovessero accogliermi in casa loro. A volte vieni visto quasi come un “alieno”, perché capita che non abbiano mai incontrato qualcuno in bici con tutta l’attrezzatura da viaggio attaccata. C’è molta curiosità, in senso positivo, per questa cosa.

Qual è solitamente il tuo set-up gravel sia per i viaggi sia per le gare?

A me piace viaggiare con il minimo indispensabile per essere più leggero. Sicuramente non può mai mancare un kit riparazione per qualsiasi evenienza. Solitamente mi porto via un cambio, un piumino per quando la temperatura si abbassa (avere qualcosa di caldo è sempre necessario), il sacco a pelo, un sacco bivacco, uno stuoino, la tenda, se faccio un viaggio in cui ho necessità di fermarmi a riposare e c’è un’alta probabilità di non trovare un posto per dormire. Sia il sacco a pelo sia la tenda non li porto via, invece, quando affronto gli eventi, perché trovo degli alloggi e, come alternativa, porto con me un telo termico. Luci e casco, infine, sono elementi fondamentali per qualsiasi spostamento in bicicletta.

Quali sono le cose più belle delle grandi gare gravel, dal tuo punto di vista?

Il vantaggio più grande è quello di poter seguire una traccia pazzesca studiata nei minimi dettagli dagli organizzatori, oltre alla possibilità di confrontarsi con atleti molto allenati e questo metro di paragone ti spinge ad andare oltre i tuoi limiti. Sono tutte gare dove ci si diverte molto e si stringono tante amicizie con gente che proviene da tutto il mondo e il bello è ritrovarsi ogni volta a un evento diverso. Gli eventi Ultra sono competitivi, ma non troppo, a differenza delle granfondo: c’è una classifica, ma passa in secondo piano rispetto all’esperienza dell’evento in sé.

Quali sono i tuoi prossimi eventi in programma?

Ad agosto parteciperò alla Silk Road Mountain Race in Kyrgyzstan, una delle gare di mountain bike più dure al mondo. L’Atlas è stata un’ottima gara che mi ha permesso di capire a che livello sono e mi ha motivato molto per l’evento di agosto che, essendo in Asia, sarà molto più difficile.

Qual è il traguardo che vorresti raggiungere condividendo le tue esperienze su Youtube?

Far vedere a persone che magari non hanno la possibilità, o vogliono trovare un’ispirazione, quante cose belle e positive ci sono nell’ambiente che ci circonda. Si tratta di pura condivisione, oltre al fatto che i video, essendo un lavoro, mi permettono di continuare a fare avventure. È una sorta di bilancia: da un parte mi permette di fare sempre più viaggi, dall’altra le persone hanno la possibilità di sognare con me. Tutte le mie avventure sono dei momenti di crescita importanti.

Chi ti ha trasmesso la passione per l’avventura?

In primis, penso, l’esperienza da scout che mi ha fatto innamorare della montagna e della natura. Iniziare a viaggiare e a raccontarmi attraverso dei video è venuto di conseguenza, perché sono sempre stato appassionato di Youtube. Infine, il voler abbattere i limiti che si creano nella mia testa è un continuo stimolo per cercare costantemente nuove avventure.

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